Sentenza n. 75 del 2019 della Corte Costituzionale: illegittimità costituzionale dell’art. 16-septies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179
L’articolo 16-septies del d.l. n. 179 del 2012, rubricato “Tempo delle notificazioni con modalità telematiche”, prevedeva che “La disposizione dell’articolo 147 del codice di procedura civile si applica anche alle notificazioni eseguite con modalità telematiche. Quando è eseguita dopo le ore 21, la notificazione si considera perfezionata alle ore 7 del giorno successivo”.
Il sopra trascritto art. 16-septies, attraverso il richiamo all’articolo 147 c.p.c. secondo cui “Le notificazioni non possono farsi prima delle ore 7 e dopo le ore 21”, aveva introdotto il divieto di notifica per via telematica oltre le ore 21.
Tale divieto aveva lo scopo di salvaguardare il diritto al riposo del destinatario dell’atto, in una fascia oraria (dalle 21 alle 24) in cui egli sarebbe stato, altrimenti, costretto a continuare a controllare la propria casella di posta elettronica.
In applicazione del citato articolo 16-septies, gli atti introduttivi del processo di primo e secondo grado notificati via PEC, l’ultimo giorno utile, con messaggio inviato dopo le ore 21.00, risultavano inammissibili.
La Corte Costituzionale, con la Sentenza n. 75 del 2019, depositata in data 09.04.2019, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 16-septies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, nella parte in cui prevede che la notifica eseguita con modalità telematiche la cui ricevuta di accettazione è generata dopo le ore 21 ed entro le ore 24 si perfeziona per il notificante alle ore 7 del giorno successivo, anziché al momento di generazione della predetta ricevuta.
In particolare, secondo la Corte Costituzionale: “La norma denunciata è, per di più, intrinsecamente irrazionale, là dove viene ad inibire il presupposto che ne conforma indefettibilmente l’applicazione, ossia il sistema tecnologico telematico, che si caratterizza per la sua diversità dal sistema tradizionale di notificazione, posto che quest’ultimo si basa su un meccanismo comunque legato “all’apertura degli uffici”, da cui prescinde del tutto invece la notificazione con modalità telematica.
Una differenza, questa, che del resto lo stesso legislatore ha chiaramente colto in modo significativo nel confinante ambito della disciplina del deposito telematico degli atti processuali di parte, là dove, proprio in riferimento alla tempestività del termine di deposito telematico, il comma 7 dell’art. 16-bis del d.l. n. 179 del 2012, inserito dall’art. 51 del d.l. n. 90 del 2014, ha previsto che il «deposito è tempestivamente eseguito quando la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza e si applicano le disposizioni di cui all’articolo 155, quarto e quinto comma, del codice di procedura civile».
Anche in tale prospettiva trova dunque conferma l’irragionevole vulnus che l’art. 16-septies, nella portata ad esso ascritta dal “diritto vivente”, reca al pieno esercizio del diritto di difesa – segnatamente, nella fruizione completa dei termini per l’esercizio dell’azione in giudizio, anche nella sua essenziale declinazione di diritto ad impugnare, che è contenuto indefettibile di una tutela giurisdizionale effettiva –, venendo a recidere quell’affidamento che il notificante ripone nelle potenzialità tutte del sistema tecnologico (che lo stesso legislatore ha ingenerato immettendo tale sistema nel circuito del processo), il dispiegamento delle quali, secondo l’intrinseco modus operandi del sistema medesimo, avrebbe invece consentito di tutelare, senza pregiudizio del destinatario della notificazione”.
La decisione della Corte Costituzionale, seppur espressa con riferimento al processo civile telematico, si estende al processo telematico tributario, in virtù del richiamo operato, dall’articolo 1 del D.Lgs. n. 546 del 1992, alle “norme del codice di procedura civile”.
Con riferimento, peraltro, al processo tributario, la norma della quale è stata dichiarata la parziale incostituzionalità configgeva anche con il principio di eguaglianza di cui all’articolo 3 della Cost.
Ed, invero, come noto, il processo tributario telematico è facoltativo (fino al 1° luglio 2019); pertanto, il contribuente ha la facoltà di notificare l’atto a mezzo posta (modalità cartacea) o a mezzo pec (modalità telematica).
L’articolo 16-septies del d.l. n. 179 del 2012, aveva introdotto un trattamento differenziato, poiché l’articolo 16 del D.lgs n. 546 del 1992, recante la disciplina della notificazione per posta, non prevede alcuna limitazione temporale alla spedizione della raccomandata; con la conseguenza che la notifica effettuata, l’ultimo giorno utile, alle ore 21.01, veniva ritenuta:
– tempestiva, se eseguita a mezzo posta;
– tardiva, se eseguita a mezzo pec.
Detta disparità è venuta meno con l’intervento della Corte Costituzionale, a seguito del quale devono considerasi notificati nei termini di legge (articoli 21 del D.Lgs. n. 546 del 1992 e articolo 327 c.p.c.):
– le istanze di accertamento con adesione spedite via PEC, all’ente impositore o all’agente della riscossione , dopo le ore 21 e entro le ore 24 del sessantesimo giorno dalla data di notificazione dell’atto impositivo oggetto dell’istanza;
– i ricorsi in CTP spediti via PEC, all’ente impositore o all’agente della riscossione , dopo le ore 21 e entro le ore 24 del sessantesimo giorno dalla data di notificazione dell’atto impugnato;
– i ricorsi in CTR spediti via PEC, all’ente impositore o all’agente della riscossione , dopo le ore 21 e entro le ore 24 del sessantesimo giorno dalla notificazione della Sentenza della CTP;
– i ricorsi in CTR spediti via PEC, all’ente impositore o all’agente della riscossione , dopo le ore 21 e entro le ore 24 del sesto mese dal deposito della Sentenza della CTP.
L’Autore:
AVV. Anna Maria Conti