Con l’ordinanza n. 943/32/2016, la Commissione tributaria regionale della Campania ha sollevato questione di legittimità costituzionale del secondo comma dell’articolo 58 del D.Lgs n. 546 del 1992, riguardante la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti in appello, in riferimento agli artt. 3, 24 e 117 Cost., in quanto determinerebbe “una disparità di trattamento delle parti con intollerabile sbilanciamento a favore di quella facultata a produrre per la prima volta in appello documenti già in suo possesso nel grado anteriore ed in danno della controparte, limitando e compromettendo la sua difesa per effetto dell’indubbia sottrazione di un grado di giudizio alla sua posizione processuale” (pagina 4 dell’ordinanza n. 943/32/2016).
Nello specifico, il secondo comma dell’articolo 58 del citato D.Lgs prevede “la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti” in appello. Detta facoltà non è sottoposta ad alcuna condizione e, pertanto, legittima la produzione di nuovi documenti in appello anche quando essi, già in possesso della parte all’epoca del giudizio di primo grado, non siano stati prodotti per mera negligenza (in tal senso, Cass. Sez. V, sent. n. 9604 del 21-07-2000).
Secondo la Commissione tributaria regionale della Campania, un sistema così delineato comporterebbe di fatto, per la controparte del depositante, la perdita di un grado di giudizio utile alla sua difesa, ovvero il primo grado di giudizio. Soprattutto nell’ambito del processo tributario nel quale i mezzi di prova sono essenzialmente i documenti. Esso, inoltre, andrebbe inevitabilmente ad avvantaggiare la parte negligente, la quale potrebbe anche ritardare dolosamente la produzione documentale per impedire alla controparte processuale la proposizione di motivi aggiunti in primo grado e quindi il pieno esercizio del suo diritto di difesa, senza incorrere in alcuna sanzione.
Nella Sentenza n. 199 del 2017, depositata il 14 luglio scorso, la Corte Costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale del secondo comma dell’articolo 58 del D.Lgs n. 546 del 1992.
In particolare, con specifico riguardo alla questione sollevata con riferimento all’articolo 3 Cost., la censura secondo la Corte Costituzionale non è fondata poiché “tale facoltà è riconosciuta ad entrambe le parti” (pagina 4 della Sentenza n. 199 del 2017 della Corte Costituzionale).
Relativamente alla violazione del diritto di difesa tutelato dall’articolo 24 Cost., la Corte Costituzionale l’ha ritenuta insussistente sulla base della pacifica giurisprudenza costituzionale secondo cui la garanzia del doppio grado di giudizio non gode, di per sé, di copertura costituzionale (pagina 5 della Sentenza n. 199 del 2017 della Corte Costituzionale).
Quest’ultima affermazione, di per sé giuridicamente ineccepibile, snatura l’articolazione stabilita dal D.Lgs 546/1992, secondo il quale il giudizio tributario si articola in due gradi di giudizio di merito.
Ben avrebbe potuto il Giudice delle leggi affermare l’illegittimità costituzionale della norma che consente la produzione in appello, nella parte in cui non dispone che in tal caso la CTR deve rimettere gli atti alla CTP perché le parti possano esplicare le proprie difese compiutamente alla luce della nuova documentazione prodotta.
Né a tale conclusione si sarebbe potuto obiettare che il contribuente lo avrebbe utilizzato come un espediente, visto che l’atto impositivo è immediatamente esecutivo e, quindi, non vi sarebbe interesse alcuno a rallentare il recupero di quanto corrisposto in via provvisoria.
Con la pronuncia di infondatezza la Corte Costituzionale, al contrario, ha sancito che è legittimo che un processo tributario venga deciso nel merito dalla sola CTR.
L’Autore:
AVV. Anna Maria Conti
Contenzioso Tributario26 Settembre 2017
Nel Contenzioso Tributario può Svolgersi un solo Grado di Merito! | Sentenza n. 199 del 2017
By Redazione
Comment