Split Payment o Scissione dei Pagamenti

Con la pubblicazione nella GU Ue (n. 217 del 18 agosto 2015) della decisione 14 luglio 2015, n. 2015/1401, il Consiglio dell’Unione europea ha autorizzato l’Italia ad applicare, fino al 31 dicembre 2017, il meccanismo della scissione dei pagamenti, cosiddetto split payment. La suddetta autorizzazione è stata successivamente prorogata fino al 30 giugno 2020 con la Decisione n. 2017/784 del Consiglio dell’Unione europea. Vediamo cos’è lo Split Payment e come funziona.
1. Split Payment: Nozioni generali
Lo “split payment“ o “scissione dei pagamenti” è un regime impositivo attraverso il quale il cessionario del bene o prestatore del servizio, all’atto del pagamento delle fatture ricevute in relazione ai propri acquisti, non è tenuto a corrispondere al cedente o prestatore l’importo complessivo della fattura, ma solo l’imponibile, trattenendo l’Iva per versarla direttamente all’Erario. L’imposta è quindi sottratta alla disponibilità del fornitore e acquisita direttamente dall’Erario (Interrogazione parlamentare del 12.3.2015 n. 3-01735).
La “scissione dei pagamenti” è una misura che si pone in contrasto con la Direttiva del Consiglio del 28 novembre 2006, n. 112/2006/CE; la sua applicazione, pertanto, è subordinata all’autorizzazione delle Istituzioni Europee (Interrogazione parlamentare del 12.3.2015 n. 3-01735; Circolare Agenzia delle Entrate 1/E del 9 febbraio 2015).
Con la pubblicazione nella GU Ue (n. 217 del 18 agosto 2015) della decisione 14 luglio 2015, n. 2015/1401, il Consiglio dell’Unione europea ha autorizzato l’Italia ad applicare, fino al 31 dicembre 2017, il meccanismo della scissione dei pagamenti, cosiddetto split payment. La suddetta autorizzazione è stata successivamente prorogata fino al 30 giugno 2020 con la Decisione n. 2017/784 del Consiglio dell’Unione europea.
Molto semplicemente si è detto che il suddetto sistema “mira a garantire, da un lato, l’erario, dal rischio di inadempimento dell’obbligo di pagamento dei fornitori che addebitano in fattura l’imposta e, dall’altro, gli acquirenti, dal rischio di coinvolgimento nelle frodi commesse da propri fornitori o da terzi”(Interrogazione parlamentare del 12.3.2015 n. 3-01735).
Lo split payment è stato introdotto nel nostro ordinamento dall’articolo 1, comma 629, della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità per il 2015), con l’inserimento nel dPR n. 633 del 1972 dell’articolo 17-ter, il quale al primo comma dispone che “per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi effettuate nei confronti dello Stato, degli organi dello Stato ancorché dotati di personalità giuridica, degli enti pubblici territoriali e dei consorzi tra essi costituiti ai sensi dell’articolo 31 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, degli istituti universitari, delle aziende sanitarie locali, degli enti ospedalieri, degli enti pubblici di ricovero e cura aventi prevalente carattere scientifico, degli enti pubblici di assistenza e beneficenza e di quelli di previdenza, per i quali i suddetti cessionari o committenti non sono debitori d’imposta ai sensi delle disposizioni in materia d’imposta sul valore aggiunto, l’imposta è in ogni caso versata dai medesimi secondo modalità e termini fissati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze”.
Il D. L. n. 50 del 24 aprile 2017, convertito nella legge 21 giugno 2017, n. 96, inserendo nel citato articolo 17-ter il comma 1-bis ed abrogando il comma 2 della medesima norma, ha esteso il meccanismo dello split payment alle operazioni effettuate da cedenti o prestatori che subiscono l’applicazione delle ritenute alla fonte sui compensi percepiti (imprese o liberi professionisti) per le operazioni effettuate nei confronti di:
a) società controllate (ex art. 2359, comma 1, n. 1 e n. 2, c.c. e quindi, rispettivamente, possesso della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria e possesso di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria), direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dai Ministeri;
b) società controllate (ex art. 2359, comma 1, n. 1, c.c.), direttamente dalle regioni, province, città metropolitane, comuni, unioni di comuni;
c) società controllate direttamente o indirettamente (ex art. 2359, comma 1, n. 1, c.c.), dalle società di cui alle lettere a) e b), ancorché queste ultime rientrino fra le società di cui alla lettera d) ovvero fra i soggetti della P.A. già interessati dallo split payment;
d) società quotate inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana.
Il decreto del ministero delle Finanze 23 gennaio 2015, come modificato da ultimo con il decreto 27 giugno 2017, precisa – all’articolo 5-ter, comma 5 – che nell’ambito delle società controllate di cui sopra sono incluse quelle il cui controllo è esercitato congiuntamente da pubbliche amministrazioni centrali e/o da società controllate da queste ultime e/o da pubbliche amministrazioni locali e/o da società controllate da queste ultime.
2. Adempimenti del cedente o prestatore
Prima di emettere la fattura secondo le modalità che saranno di seguito indicate, il cedente o prestatore dovrà preliminarmente verificare che l’operazione rientri temporalmente, oggettivamente e soggettivamente nell’ambito di applicazione del D. L. n. 50 del 2017.
Sotto il profilo temporale, il presente decreto si applica solo alle operazioni “per le quali è emessa fattura a partire dal 1° luglio 2017” (articolo 2 del decreto del ministero delle Finanze 27 giugno 2017). Al riguardo, l’articolo 21, comma 4, del dPR n. 633 del 1972 dispone che “la fattura è emessa al momento dell’effettuazione dell’operazione determinata a norma dell’art. 6”. Secondo l’articolo 6 del citato decreto, “le cessioni di beni si considerano effettuate nel momento della stipulazione se riguardano beni immobili e nel momento della consegna o spedizione se riguardano beni mobili … le prestazioni di servizi si considerano effettuate all’atto del pagamento del corrispettivo”.
Sotto il profilo oggettivo, la norma si riferisce “alle cessione di beni “ e “alle prestazione di servizi”. Sono, tuttavia, escluse dal regime dello split payment:
• le operazioni non imponibili o esenti: in questa categoria di operazioni rientrano per natura tutte le operazioni di cui agli artt. 8, 8-bis, 9 e 10 del dPR 633/1972 in cui l’imposta non è dovuta, ma sussiste l’obbligo di emissione della fattura;
• le operazioni nelle quali il debito dell’imposta è in capo al cessionario o committente: tra queste operazioni rientrano gli acquisti intracomunitari e tutte le ipotesi di reverse charge (inversione contabile);
• le operazioni per le quali non si espone in fattura l’Iva, quindi, quelle operazioni soggette a regimi speciali in cui l’imposta non è indicata, ma è compresa (editoria, telefoni pubblici, documenti di viaggio e parcheggi) nel corrispettivo;
• le operazioni per le quali l’Iva è esposta in fattura, ma si applica un regime forfetario di determinazione dell’imposta (regime speciale agricolo).
Sotto il profilo soggettivo, l’ambito di applicazione dell’articolo 17-ter potrà essere verificato sul sito del Ministero dell’Economia e Finanze che indica le amministrazioni, gli enti e le società che dal 1° luglio sono soggette al meccanismo dello split payment.
Una volta verificato che l’operazione rientri temporalmente, oggettivamente e soggettivamente tra quelle indicate nel D. L. n. 50 del 2017, il fornitore che emette fattura in regime di split payment dovrà osservare gli obblighi previsti dal decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 23.01.2015.
In particolare, l’articolo 2 del citato decreto stabilisce che “i soggetti passivi dell’IVA, che effettuano le cessioni di beni e le prestazioni di servizi di cui all’articolo 1, emettono la fattura secondo quanto previsto dall’articolo 21 del decreto n. 633 del 1972 con l’annotazione “scissione dei pagamenti”.
I soggetti passivi (…) non sono tenuti al pagamento dell’imposta ed operano la registrazione delle fatture emesse ai sensi degli articoli 23 e 24 del decreto n. 633 del 1972 senza computare l’imposta ivi indicata nella liquidazione periodica”.
Pertanto, dal punto di vista operativo, il cedente o prestatore:
– dovrà continuare ad emettere fattura completa di tutti gli elementi previsti dall’art. 21 del d.P.R. n. 633/1972 con l’indicazione dell’imponibile e dell’Iva e l’annotazione “scissione di pagamenti” ;
– dovrà continuare ad annotare la fattura nei registri di cui agli articoli 23 e 24 d.P.R. n. 633/1972;
– nella liquidazione periodica non dovrà però più computare a debito l’imposta indicata nella fattura, perché l’Iva non è stata incassata e, quindi, non può generare un debito nei confronti dell’Erario, essendo detto debito stato assolto dal cessionario o committente;
– poiché di norma tutte le fatture annotate ex artt. 23 o 24 d.P.R. n. 633/1972 con le relative imposte generano un debito nella liquidazione, le fatture con split payment dovranno essere trascritte in apposita colonna che non generi il debito d’imposta, quale, ad esempio, la colonna per le fatture non soggette ad Iva. Al riguardo, si ritiene che l’annotazione possa avvenire per l’importo complessivo delle fatture senza separata annotazione dell’imponibile e dell’IVA.
3. Adempimenti del cessionario di beni o di servizi
Gli adempimenti in capo al cessionario del bene e prestatore del servizio sono diversi a seconda che l’ente pubblico agisca nell’ambito di un’attività di natura economica ovvero agisca nell’ambito della sua attività istituzionale.
Nel caso di svolgimento di attività istituzionale, l’articolo 4 del decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 23 gennaio 2015 prevede che “1. Il versamento dell’IVA dovuta e’ effettuato dalle pubbliche amministrazioni entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui l’imposta diviene esigibile, senza possibilità di compensazione e utilizzando un apposito codice tributo, con le seguenti modalità:
a) per le pubbliche amministrazioni titolari di conti presso la Banca d’Italia, tramite modello “F24 Enti pubblici” approvato con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 28 giugno 2013;
b) per le pubbliche amministrazioni, diverse da quelle di cui alla lettera a), autorizzate a detenere un conto corrente presso una banca convenzionata con l’Agenzia delle entrate ovvero presso Poste italiane, mediante versamento unificato di cui all’art. 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241;
c) per le pubbliche amministrazioni diverse da quelle di cui alle lettere a) e b), direttamente all’entrata del bilancio dello Stato con imputazione ad un articolo di nuova istituzione del capitolo 1203.
2. Le pubbliche amministrazioni possono, in ogni caso, effettuare, entro la scadenza indicata al comma 1 del presente articolo, distinti versamenti per l’IVA dovuta così come segue:
a) in ciascun giorno del mese, relativamente al complesso delle fatture per le quali l’imposta e’ divenuta esigibile in tale giorno;
b) relativamente a ciascuna fattura la cui imposta e’ divenuta esigibile.”
Qualora, invece, l’ente pubblico operi nell’ambito di un’attività economica si applica l’articolo 5 del citato decreto, così come modificato dal decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 27 giugno 2017. Nello specifico, il cessionario non deve effettuare il materiale versamento dell’imposta, ma deve provvedere all’annotazione della fattura nel registro degli acquisti ed eventualmente nel registro corrispettivi o fatture, facendo partecipare l’Iva dovuta alla liquidazione periodica del mese dell’esigibilità od, eventualmente, del relativo trimestre. Si noti, che la facoltà di annotare la fattura anche nel registro corrispettivi o fatture non opera per le PA che già applicavano il regime dello split payment dal 1° gennaio 2015, relativamente alle fatture emesse dai loro fornitori fino al 30 giugno 2017.
Inoltre, l’articolo 2, comma 2 del Dm 27 giugno 2017, stabilisce che fino all’adeguamento dei processi e dei sistemi informativi relativi alla gestione amministrativo contabile e, comunque, non oltre il 31 ottobre 2017, è possibile procedere all’accantonamento delle somme occorrenti per il successivo versamento dell’Iva da split payment, da effettuarsi in ogni caso entro il 16 novembre 2017. La suddetta moratoria è stata prevista per consentire l’adeguamento dei sistemi informativi fino al 31 dicembre 2017 e riguarda solo le PA che sono state appena inserite nello split payment e non anche per quelle che già applicavano tale regime dal 1° gennaio 2015.
L’Autore:
AVV. Anna Maria Conti

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