Emissione distinta dalla notifica degli atti impositivi: a chi giova?

La Bozza al Decreto “Rilancio” circolata nel tardo pomeriggio del 13/05/2020 prevede, all’art. 168, un singolare strumento volto alla proroga dei termini di notifica degli atti impositivi per i quali i termini di decadenza scadono il 31 dicembre 2020, “al fine di favorire la graduale ripresa delle attività economiche e sociali”.

In particolare, l’accennata disposizione dispone che gli avvisi di accertamento, gli atti di contestazione, irrogazione sanzioni, recupero dei crediti di imposta, liquidazione e di rettifica, “sono emessi entro il 31 dicembre 2020 e sono notificati nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2021, salvo casi di indifferibilità e urgenza”, questi ultimi riguardanti le ipotesi di violazioni costituenti reato o per le quali vi sia pericolo per la riscossione.

Si tratta di una norma la quale, nelle intenzioni del legislatore dovrebbe tutelare tutti quei contribuenti che si trovino nell’impossibilità, causa situazione emergenziale attuale, di far fronte nell’immediato ai consequenziali oneri economici che la notificazione dei citati atti impositivi implicherebbe.

La menzionata disposizione, così come pensata, pone particolari problemi interpretativi.

 Come potrà l’Agenzia dimostrarne la tempestiva emissione entro il 31 dicembre 2020?  C’è chi afferma che l’emissione sarà provata dalla data di elaborazione risultante dai sistemi informativi dell’Agenzia, ossia da una delle parti in causa! Peraltro, a tale informazione si potrà pervenire tramite accesso agli atti o attraverso un obbligo, in capo agli uffici, di allegazione agli atti notificati di tali dati?

Inoltre, perché non applicare quanto previsto dalla citata disposizione anche agli atti impositivi non in scadenza al 31 dicembre 2020? Questo semplice accorgimento, eventualmente accompagnato dalla previsione di una sospensione degli effetti esecutivi dell’atto emesso per tutto il 2021, sgombrerebbe il campo dai dubbi di coloro, i quali ipotizzano che si tratti di un meccanismo solo astrattamente a favore del contribuente, ma in realtà mascherato da quella ingiusta e irragionevole proroga (prima biennale ed ora “solo” annuale) del termine di decadenza relativo all’attività degli enti impositori.

Giova, comunque, sottolineare che, dalla lettera della norma in esame si evince chiaramente come gli atti che potranno “beneficiare” di questo curioso meccanismo di emissione e successiva notificazione sono, in realtà, una minima parte.

Infatti, l’art. 168 della Bozza fa salve le disposizioni previste dal comma 1 dell’art. 67 del D. L. 17 marzo 2020, n. 18, il quale ha sospeso dall’8 marzo al 31 maggio 2020 i termini relativi alle attività di liquidazione, di controllo, di accertamento, di riscossione e di contenzioso da parte degli uffici degli enti impositori. Con la Circolare n. 11/2020, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che “Tale sospensione, pertanto, già determina, in virtù di un principio generale, ribadito più volte nei documenti di prassi, lo spostamento in avanti del decorso dei termini per la stessa durata della sospensione (nel caso di specie 84 giorni), anche se il termine di prescrizione o decadenza sospeso non scade entro il 2020”. Se permangono forti dubbi in ordine alla possibilità in capo al Fisco di prorogare il termine di decadenza previsto per l’azione accertatrice di atti in scadenza al 31/12/2020 di tanti giorni quanto dura la sospensione, assolutamente non condivisibile appare, invece, la proroga del termine di 85 giorni (e non 84) anche per gli atti non in scadenza al 31 dicembre 2020. In altre parole, l’Amministrazione finanziaria avrebbe la pretesa di poter accertare gli anni d’imposta 2016, 2017, 2018, 2019 e 2020 entro il 26 marzo dell’anno successivo alla scadenza naturale del termine di decadenza! Una sorta di perpetuatio suspensionis…

Svolte queste brevissime considerazioni, è evidente che, in concreto, tutto ciò che ordinariamente scadrebbe il 31/12/2020, in realtà è differito del numero di giorni intercorrenti tra l’8 marzo e il 31 maggio 2020, ossia 85 giorni, e, dunque, scadrebbe il 26 marzo 2021.

Poiché, tuttavia, non credo sia nell’intenzione del legislatore applicare l’art. 168 della Bozza ad un numero così esiguo di atti, è verosimile ipotizzare che si tratti dell’ennesimo mancato coordinamento normativo, il quale non farà altro che generare la necessità di ulteriori precisazioni, finendo per incrementare la litigiosità dinanzi alle Commissioni Tributarie.

L’Autore:
DOTT. Edoardo Giontella

 

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