Prescrizione dei Crediti Erariali

Recentemente, le Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 23397/2016, si sono occupate del tema della prescrizione dei crediti erariali.
Come noto, nel sistema tributario italiano, non sussiste una norma generale che disponga il termine prescrizionale del debito erariale. Pertanto, salvo le ipotesi espressamente disciplinate dal Legislatore, peraltro in ambito contributivo e non tributario – come, ad esempio, le contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria il cui termine di prescrizione è rinvenibile nel comma 9, articolo 3, L. n. 335/1995- trovano applicazione le disposizioni codicistiche.
Secondo la giurisprudenza maggioritaria, i crediti erariali sono soggetti al termine di prescrizione quinquennale, poiché rientranti nella categoria dei “pagamenti periodici” prevista al n. 4 dell’articolo 2948 del c.c..
Qualora intervenga una sentenza che attesti con forza di giudicato la debenza dell’imposta da parte del contribuente, detta prescrizione quinquennale si converte in decennale a norma dell’articolo 2953 c.c.
Negli ultimi anni, l’ambito di applicazione dell’articolo 2953 c.c. è stato esteso, da una parte della giurisprudenza, anche all’ipotesi in cui la definitività dell’accertamento del credito erariale, derivi dall’inutile decorso del termine perentorio per proporre opposizione contro il provvedimento esattoriale, ex art. 24 del d.lgs. n. 46 del 1999.
In particolare, secondo questo orientamento, “il termine di quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento per proporre opposizione deve ritenersi perentorio, perché diretto a rendere non più contestabile dal debitore il credito contributivo dell’ente previdenziale in caso di omessa tempestiva impugnazione ed a consentire così una rapida riscossione del credito medesimo. Conseguentemente, per effetto della mancata proposizione dell’opposizione alla cartella esattoriale la pretesa contributiva diviene intangibile e il diritto alla contribuzione previdenziale non è più soggetto ad estinzione per prescrizione, potendo prescriversi soltanto l’azione diretta all’esecuzione del titolo così definitivamente formatosi, nel termine prescrizionale decennale ordinario di cui all’art. 2946 c.c., in difetto di diverse disposizioni e in sostanziale conformità a quanto previsto per l’actio judicati ai sensi dell’art. 2953 c.c.” (Cass. 24 febbraio 2014, n. 4338).
Secondo opposto indirizzo giurisprudenziale, la conversione della prescrizione da breve a decennale contemplata nell’articolo 2953 c.c. può operare soltanto per effetto di sentenza passata in giudicato, oppure decreto ingiuntivo con efficacia di giudicato formale e sostanziale o anche di decreto o di sentenza penale di condanna divenuti definitivi. In altri termini, per la riscossione coattiva dei crediti la suddetta norma è considerata applicabile esclusivamente quando il titolo sulla base del quale viene intrapresa la riscossione non è più l’atto amministrativo, ma un provvedimento giurisdizionale divenuto definitivo.
Nello specifico, “per tale indirizzo l’atto con cui inizia il procedimento di riscossione forzata, qualunque sia il credito cui si riferisce – quindi, sia che attenga al pagamento di tributi oppure di contributi previdenziali, sia che si riferisca a sanzioni pecuniarie per violazioni tributarie o amministrative – pur avendo natura di atto amministrativo con le caratteristiche del titolo esecutivo, tuttavia è privo di attitudine ad acquistare efficacia di giudicato perchè è espressione del potere di autoaccertamento e di autotutela della P.A. Pertanto, l’inutile decorso del termine perentorio per proporre l’opposizione, pur determinando la decadenza dall’impugnazione, non produce effetti di ordine processuale, ma solo l’effetto sostanziale dell’irretrattabilità del credito, con la conseguente inapplicabilità dell’art. 2953 c.c., ai fini della prescrizione” (Cass. 25 maggio 2007, n. 12263; Cass. 16 novembre 2006, n. 24449; Cass. 26 maggio 2003, n. 8335).
Ora, con una importante sentenza che pone fine alle cennate due distinte interpretazioni, le Sezioni Unite della Cassazione hanno affermato il principio secondo cui la decadenza del termine stabilito per impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva di un credito, produce l’irretrattabilità del credito stesso, ma non anche la conversione del termine prescrizionale breve, se previsto, in quello ordinario decennale, operante, invece, ex art. 2953 c.c., solo ove intervenga un titolo giudiziale definitivo.
I contribuenti che, dopo lo spirare del termine di prescrizione quinquennale, avessero effettuato il pagamento del debito erariale sulla base di un accertamento o di una cartella divenuti definitivi per mancata impugnazione, potranno pertanto chiederne il rimborso all’Agenzia delle Entrate. In caso di probabile diniego del rimborso, sarà possibile adire la Commissione Tributaria Provinciale per fare valere il proprio diritto sulla base della citata Sentenza delle SS.UU. della Corte di Cassazione.
L’Autore:
AVV. Anna Maria Conti

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